- Auto
- Fiat Tipo 1.6 i.e. SX (1993) - Peugeot 107 1.0 12v 3p Plaisir (2007)
Buon giorno e buona domenica a tutti! Qui non piove. E non ci sarebbe niente di strano (anche perché siamo a luglio inoltrato) se non fosse che il meteo prevedeva temporali, forti venti, pioggia torrenziale e quant'altro. E invece, a parte un cielo leggerissimamente nuvoloso e un totale di 21 gocce d'acqua, di cui 4 stanotte e 17 un'ora fa (avevo lei / e fra le braccia ancora la vorrei...), non sta succedendo niente di quanto previsto. Quindi oggi mi tocca di innaffiare le piante, compito che avrei evitato volentieri. E le macchine sono rimaste sporche. Anzi, sono più sporche di prima. E non ho la minima intenzione di lavarle oggi. E neanche domani. E neanche martedì. E via dicendo.
Però c'è una bella temperatura, un bel freschetto (26°C [1], che rispetto al caldo delle scorse settimane si può giustamente definire freschetto. Anzi, quasi sarei tentato di dire "freddo", ma non mi voglio sbilanciare. Non sono come quella carogna della supplente d'informatica che in un compito mi mise dieci meno solo perché mi detestava. Io se mi devo sbilanciare mi sbilancio, se non mi devo sbilanciare non mi sbilancio. E posso farlo anche per diversi giorni di fila, ma di solito smetto prima).
Dicevo del freschetto, anzi, del bel freschetto. Il clima è quello giusto per piazzarsi in laboratorio a progettare & realizzare minkiatelle varie (sì, esatto, quelle li). D'altro canto c'è gente che passa il tempo ubriacandosi al bar. Io purtroppo non me lo posso permettere (già farlo a casa mi costa un botto, figuriamoci al bar), quindi passo il tempo in laboratorio. Con le minkiatelle. Sì, esatto, quelle li. Oggi mi è passato per la testa di continuare il filone "riciclaggio creativo", impiegando i barattoli vuoti del tabacco marca Winston, quelli da 50 grammi (i quali, da pieni, contengono circa 15 grammi di immondizia variegata e tutto il resto è tabacco. No, non ho detto gioia. Ho detto tabacco. Tabacco, tabacco, tabacco. Maledetto tabacco).
Ormai con questi barattoli ci faccio di tutto: ho iniziato a usarli per organizzare cianfrusaglie di vario genere, poi ho cominciato a modificarli/tagliuzzarli/accorciarli/unirli/restrutturarli/massacrarli/e quant'altro. Adesso sto organizzando un crowfunding per metter su una start-up per la trasformazione dei barattoli esausti in bio-carburante e cibo spazzatura per tartarughe ninjia.
Siccome è ancora presto per far partire questo ambizioso progetto (il crowfunding è fermo ai 20 centesimi che ho trovato a terra davanti al supermercato, vicino ai carrelli), mi alleno conaltre minkiatelle altri progetti, meno tecnologici ma altrettanto interessanti (forse anche meno). Nel bel mentre che mi allenavo mi è venuta in mente una storiella, che vi voglio raccontare. Quindi, sì, avete capito bene: ciò che avete letto finora era solo una premessa. D'altro canto, nella vita, se mancano i presupposti servono le premesse. Penso. Poi.. boh. Chi lo sa?
Il mio amico Affredo [2] (per chi si fosse sintonizzato in questo momento, è appena iniziata la storiella) conosce tanta gente, fra cui anche gente importante. Fra questi c'è anche un mio collega che progetta sottosistemi per conto di una nota agenzia spaziale americana. Ci tengo a precisare che io non lavoro presso la nota agenzia spaziale americana: l'ho definito collega perché da giovane pure lui ha fatto il muratore, quindi per me è un collega.
Questo signore (il mio collega, che chiameremo Ernesto, nome di fantasia scelto per una questione d'importanza [3]) ha raccontato al mio mio amico Affredo una storia incredibile, tanto che io non ci ho creduto (ma anche se fosse stata credibile non ci avrei creduto lo stesso. Così, per principio).
Durante la prima missione spaziale Apollo, gli astronauti si trovarono a dover fronteggiare una situazione incredibile, tanto che loro stessi non ci credevano: le biro BIC non erano in grado di funzionare in assenza di gravità. Inizialmente la colpa fu data all'azienda produttrice francese e a tutti i francesi, poi si scoprì che il problema affliggeva tutte le biro, quindi la colpa era di tutti gli ungheresi.
E' qui che entra in gioco l'importanza di Ernesto: al nostro amico (che in realtà è amico del mio amico Affredo) venne chiesto di risolvere definitivamente il problema delle biro che non scrivevano. Lui accettò la sfida e dopo ben 35 anni di sviluppo e un investimento pari a 65 milioni di dollari, riuscì finalmente a presentare la prima biro spaziale, indistruttibile [4] e perfettamente funzionante in assenza di gravità [5], pronta per accompagnare gli astronauti nell'imminente missione Apelle.
Mentre Ernesto raccontava questa storia incredibile (tanto che neppure lui ci credeva) al mio amico Affredo, quest'ultimo, che a sua volta era una specie di inventore mancato, non poté fare a meno di ribattere:
<<Ennest'o frati, ma cchi c'era bisognu? Non si puteunu puttari u labbisi?>>
(translation for non catanish people: "Ernesto, fratello mio, ma era davvero necessario? Non potevano portarsi un un lapis?")
In effetti...
---
NOTE:
[1] Al momento sono 24,3°C, ma siccome quando ho iniziato a scrivere il post c'erano 26°C, bisogna considerare quest'ultima come temperatura campione. Ah, dimenticavo: il cielo adesso è sereno.
[2] In realtà si chiama Alfredo, anche se in realtà non esiste (caso tipico di "conflitto di realtà"). Ma comunque gli è andata di lusso rispetto ai vari Giuseppe, Salvatore, Carmelo, Rosario, che nella migliore delle ipotesi diventano Pippu, Turi, Melu, Saru. Affredo è un compromesso più che accettabile secondo me.
[3] L'importanza di chiamarsi Ernesto.
[4] Mia moglie l'avrebbe distrutta, ne sono sicuro.
[5] Pare che uno degli ultimi collaudi si sia svolto, con successo, addirittura sul fondo della Fossa delle Marianne. Ma, sfortunatamente, sia il collaudatore, sia il prototipo andarono perduti in fase di emersione, all'ora di pranzo (che era ora di pranzo anche per gli squali).
[6] Nota disponibile a pagamento. Per ulteriori informazioni si prega di rivolgersi al proprio gestore di note.
Però c'è una bella temperatura, un bel freschetto (26°C [1], che rispetto al caldo delle scorse settimane si può giustamente definire freschetto. Anzi, quasi sarei tentato di dire "freddo", ma non mi voglio sbilanciare. Non sono come quella carogna della supplente d'informatica che in un compito mi mise dieci meno solo perché mi detestava. Io se mi devo sbilanciare mi sbilancio, se non mi devo sbilanciare non mi sbilancio. E posso farlo anche per diversi giorni di fila, ma di solito smetto prima).
Dicevo del freschetto, anzi, del bel freschetto. Il clima è quello giusto per piazzarsi in laboratorio a progettare & realizzare minkiatelle varie (sì, esatto, quelle li). D'altro canto c'è gente che passa il tempo ubriacandosi al bar. Io purtroppo non me lo posso permettere (già farlo a casa mi costa un botto, figuriamoci al bar), quindi passo il tempo in laboratorio. Con le minkiatelle. Sì, esatto, quelle li. Oggi mi è passato per la testa di continuare il filone "riciclaggio creativo", impiegando i barattoli vuoti del tabacco marca Winston, quelli da 50 grammi (i quali, da pieni, contengono circa 15 grammi di immondizia variegata e tutto il resto è tabacco. No, non ho detto gioia. Ho detto tabacco. Tabacco, tabacco, tabacco. Maledetto tabacco).
Ormai con questi barattoli ci faccio di tutto: ho iniziato a usarli per organizzare cianfrusaglie di vario genere, poi ho cominciato a modificarli/tagliuzzarli/accorciarli/unirli/restrutturarli/massacrarli/e quant'altro. Adesso sto organizzando un crowfunding per metter su una start-up per la trasformazione dei barattoli esausti in bio-carburante e cibo spazzatura per tartarughe ninjia.
Siccome è ancora presto per far partire questo ambizioso progetto (il crowfunding è fermo ai 20 centesimi che ho trovato a terra davanti al supermercato, vicino ai carrelli), mi alleno con
Il mio amico Affredo [2] (per chi si fosse sintonizzato in questo momento, è appena iniziata la storiella) conosce tanta gente, fra cui anche gente importante. Fra questi c'è anche un mio collega che progetta sottosistemi per conto di una nota agenzia spaziale americana. Ci tengo a precisare che io non lavoro presso la nota agenzia spaziale americana: l'ho definito collega perché da giovane pure lui ha fatto il muratore, quindi per me è un collega.
Questo signore (il mio collega, che chiameremo Ernesto, nome di fantasia scelto per una questione d'importanza [3]) ha raccontato al mio mio amico Affredo una storia incredibile, tanto che io non ci ho creduto (ma anche se fosse stata credibile non ci avrei creduto lo stesso. Così, per principio).
Durante la prima missione spaziale Apollo, gli astronauti si trovarono a dover fronteggiare una situazione incredibile, tanto che loro stessi non ci credevano: le biro BIC non erano in grado di funzionare in assenza di gravità. Inizialmente la colpa fu data all'azienda produttrice francese e a tutti i francesi, poi si scoprì che il problema affliggeva tutte le biro, quindi la colpa era di tutti gli ungheresi.
E' qui che entra in gioco l'importanza di Ernesto: al nostro amico (che in realtà è amico del mio amico Affredo) venne chiesto di risolvere definitivamente il problema delle biro che non scrivevano. Lui accettò la sfida e dopo ben 35 anni di sviluppo e un investimento pari a 65 milioni di dollari, riuscì finalmente a presentare la prima biro spaziale, indistruttibile [4] e perfettamente funzionante in assenza di gravità [5], pronta per accompagnare gli astronauti nell'imminente missione Apelle.
Mentre Ernesto raccontava questa storia incredibile (tanto che neppure lui ci credeva) al mio amico Affredo, quest'ultimo, che a sua volta era una specie di inventore mancato, non poté fare a meno di ribattere:
<<Ennest'o frati, ma cchi c'era bisognu? Non si puteunu puttari u labbisi?>>
(translation for non catanish people: "Ernesto, fratello mio, ma era davvero necessario? Non potevano portarsi un un lapis?")
In effetti...
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NOTE:
[1] Al momento sono 24,3°C, ma siccome quando ho iniziato a scrivere il post c'erano 26°C, bisogna considerare quest'ultima come temperatura campione. Ah, dimenticavo: il cielo adesso è sereno.
[2] In realtà si chiama Alfredo, anche se in realtà non esiste (caso tipico di "conflitto di realtà"). Ma comunque gli è andata di lusso rispetto ai vari Giuseppe, Salvatore, Carmelo, Rosario, che nella migliore delle ipotesi diventano Pippu, Turi, Melu, Saru. Affredo è un compromesso più che accettabile secondo me.
[3] L'importanza di chiamarsi Ernesto.
[4] Mia moglie l'avrebbe distrutta, ne sono sicuro.
[5] Pare che uno degli ultimi collaudi si sia svolto, con successo, addirittura sul fondo della Fossa delle Marianne. Ma, sfortunatamente, sia il collaudatore, sia il prototipo andarono perduti in fase di emersione, all'ora di pranzo (che era ora di pranzo anche per gli squali).
[6] Nota disponibile a pagamento. Per ulteriori informazioni si prega di rivolgersi al proprio gestore di note.